Nato nel 1924 a Zurigo, in Svizzera, Robert Frank cresce nell’agiato ma ben poco stimolante ambiente della classe media svizzera.
Suo padre Hermann, era un ricco e colto uomo d’affari tedesco, oltre che fotografo dilettante e appassionato d’arte. Sua madre, Regina, era figlia di un ricco imprenditore.
Robert Frank – Chi è
Libri di fotografia - Riepilogo articolo
Secondo di due figli, Frank si diploma nel 1941 e inizia a lavorare come apprendista presso la bottega di Hermann Segesser, popolare fotografo e ritoccatore della sua città.
L’anno successivo iniziò a lavorare per il fotografo Michael Wolgensinger, con studio a Zurigo. Alla fine del lungo e impegnativo periodo di apprendistato, Robert Frank pubblicò la raccolta intitolata ’40 Fotos, 1946′.
Si trattava di un corposo volume di fotografie interamente rilegato a mano, in cui il giovane fotografo celebrava la semplicità della vita rurale svizzera.
Da questa sua prima pubblicazione scaturivano le influenze che Frank aveva assorbito durante i suoi primi anni di gavetta.
Quegli scatti erano intrisi di modernismo con un marcato stile reportage a fare da filo conduttore, e furono considerati dal fotografo stesso le basi su cui avrebbe condotto la sua personale ricerca stilistica negli anni a venire.
Robert Frank New York e L’America
Frustrato dalla ristrettezza mentale della sua terra natìa, Frank lascia la Svizzera nel 1947 per emigrare negli Stati Uniti.
Poco dopo il suo arrivo a New York, venne assunto da Alexey Brodovitch, il leggendario direttore artistico dell’Harper’s Bazaar. Sebbene folgorato dall’innovativa prospettiva dell’opera di Brodovitch, Frank provò ben presto un senso di ripudio nei confronti dell’atmosfera che si respirava nella rivista.
Deluso nell’animo, ma arricchito nel proprio bagaglio tecnico e artistico, Robert abbandona la rivista newyorkese e la Grande Mela sul finire del 1947 per stabilirsi in Sud America, esplorando a fondo le desolate terre peruviane. Armato di una nuovissima Leica da 35 millimetri, Robert inizia a fotografare senza sosta le persone, piuttosto che i monumenti e le montagne del Perù.
Rientrato a New York nel 1949, Frank realizza un altro libro rilegato in cui si leggono chiaramente le influenze di Bill Brandt, André Kertész e Jakob Tuggener, e ovviamente Brodovitch. Le fotografie erano legate tra di loro da un filo che non seguiva in alcun modo un ordine cronologico o narrativo lineare.
Robert Frank il suo essere irrequieto
Dal 1949 al 1953 Frank vagò irrequieto tra New York e il vecchio continente, fotografando sedie e fiori a Parigi, banchieri a Londra e minatori in Galles. Parallelamente, per promuovere la sua produzione, iniziò a realizzare sequenze delle sue fotografie sperando in una pubblicazione su Life o altre importanti riviste. Tuttavia, nonostante l’appellativo di “poeta con una macchina fotografica al collo”, le sue sequenze non ebbero l’agognata diffusione.
Frank continuò a realizzare libri di fotografie rilegati a mano, tra cui Mary’s Book, del 1949, con 72 fotografie e scritti realizzati per Mary Lockspeiser, artista e ballerina che sposò nel 1950. Black White and Things, del 1952, rappresenta la sua sequenza più completa mai realizzata. Diviso in tre sezioni, il libro si apre con la citazione di Antoine de Saint-Exupéry: “È solo con il cuore che si può vedere giustamente; Ciò che è essenziale è invisibile all’occhio.” Ancora una volta, Frank ha esplorato nuovi modi di collegare le fotografie, concettualmente, formalmente, tematicamente ed emotivamente.
Il successo tarda tuttavia a giungere, e Frank ottiene nel 1955 una borsa di studio che gli avrebbe permesso di “fotografare liberamente in tutti gli Stati Uniti”. L’eclettico svizzero inizia così a raccontare l’America e gli americani attraverso una voluminosa raccolta di scatti che raccontava il sapore della vita delle persone incontrate in un viaggio di oltre 10.000 miglia tra caffetterie, cimiteri, parchi, banche, stazioni di treni e autobus a stelle e strisce.
Robert Frank e il suo capolavoro The Americans
Con oltre 27.000 scatti e più di mille provini da 8 x 10 pollici in mano, al termine del viaggio inizia a lavorare al suo libro “The Americans”, chiedendo al poeta Jack Kerouac di scriverne l’introduzione. Con The Americans Robert Frank diventa uno dei fotografi famosi che hanno lasciato la loro impronta nella fotografia.
Uscito in Europa nel 1958 e poi negli Stati Uniti nel 1959, The Americans era diverso da tutti gli altri libri di fotografia mai pubblicati fino a quel momento.
In 83 fotografie toccanti e provocatorie, Frank mette a nudo un popolo afflitto dal razzismo, mal amministrato dai suoi politici e in balìa della cultura del consumismo che stava prendendo piede in quegli anni. Nelle sue fotografie di commensali, automobili e strade, Frank è stato il pioniere di uno stile intuitivo, immediato, innovativo quanto i suoi soggetti. Nel libro, le fotografie sono collegate tematicamente, concettualmente, formalmente e linguisticamente per presentare un’immagine inquietante dell’America della metà del secolo scorso.
I suoi scatti furono inizialmente denigrati e definiti come anti-americani. Ma negli anni ’60, quando molte delle questioni che Frank aveva affrontato iniziavano ad esplodere nella coscienza collettiva statunitense, il libro da rivoluzionario iniziò a diventare popolare, e quanto mai attuale.
La crescente fama tuttavia non ha impedito a Frank e al suo animo inquieto di abbandonare la fotografia per abbracciare il cinema alla fine degli anni ’50, affermandosi ben presto come regista con i film Pull My Daisy del 1959, e Me and My Brother, del 1968.
All’inizio degli anni ’70, Frank tornò alla fotografia fissa per fare avanti e indietro tra fotografia e cinema negli anni successivi, ricercando nel suo lavoro contaminazioni semantiche da un mezzo all’altro. Le sue fotografie successive forniscono resoconti toccanti sulla sua vita, e sono spesso accompagnate da parole incise sulle stampe stesse.
Sia le foto che i film realizzati dal 1970 in poi sono stati presentati in diverse mostre personali, tra cui “Robert Frank: Moving Out”, “Storylines, 2004” , e “Looking In : Gli americani”. Paradossalmente, nonostante il crescente successo della sua opera principale, e l’impatto del suo lavoro sulla fotografia negli ultimi cinquant’anni, Frank non ha mai permesso un esame approfondito del suo “The Americans”.
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